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Ritratto della persona e riflessioni sulle capacità accademiche del romanista Aldo Petrucci

—— Prefazione alle sue opere “Il Diritto romano e la famiglia giuridica latina”.

 

 

Opera in cinese di Xu Guodong

                                                        Traduzione italiana di Giuseppe Terracina e Li Jun

 

1. Lao Bei

Dal mio primo soggiorno a Roma nel 1994, ho chiamato Aldo Petrucci “Lao Bei” (“Vecchio Bei”) ed egli mi ha chiamato “Lao Xu” (“Vecchio Xu”), e così ci chiamiamo ancora da più di 20 anni! Nelle lettere ci chiamiamo in questo modo. Prima mi chiamava “Xiao Xu” (Giovane Xu), per riflettere il desiderio di giovinezza degli occidentali, ma in contrasto con la tradizione cinese di rispetto per gli anziani. Gli ho chiesto di chiamarmi Lao Xu e così ha fatto. Secondo il principio dell’uguaglianza, anche lui è diventato Lao Bei. Anche se, nato nel 1957, aveva 37 anni e non era ancora vecchio. Ha accettato l’espressione Lao Bei per obbedienza alla cultura cinese, ma forse questo modo di chiamarlo non era un suo desiderio. Comunque sono passati più di 20 anni e Vecchio Bei e Vecchio Xu sono passati da due appellativi “virtuali” a due reali. Ora siamo davvero anziani, lui ha ormai 57 anni.

La prima volta che ho scoperto questo cambiamento collegato al nostro modo di chiamarci è stato il 14 Ottobre 2013; io ero professore visitatore dell’Università Statale di Milano e sono andato a prendere Petrucci insieme al mio anfitrione, la Prof. ssa Fargnoli. Appena Petrucci è uscito dalla fermata della metro, la mia prima sensazione è stata che fosse più vecchio rispetto a quando l’avevo visto a Pisa nel maggio dello stesso anno. A pranzo ho fatto due foto a loro due (Petrucci e Fargnoli) e alla sera le ho copiate sul computer: nella prima lui sembrava un anziano russo e l’ho eliminata subito. La seconda foto era migliore, l’ho conservata.

Io avrei voluto vedere le foto di Aldo Petrucci da giovane, ad esempio, quelle degli anni della sua laurea quadriennale: mi ha fatto dare solo un’occhiata, e quindi non mi ricordo più come fosse quando aveva i capelli, dato che ormai la sua testa è calva. Il mio primo ricordo di lui risale al dicembre 1994. Era allegro. Mi parlava in inglese alla mensa dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’, mi ha risolto alcuni problemi quando ero appena arrivato. Mi ha fatto conoscere per la prima volta l’istituto di ricerca [di diritto romano] della prima Università di Roma ‘La Sapienza’ e poi mi ha portato alla fermata dell'autobus. Temeva che non ritrovassi la strada. Il mio rapporto con lui era simile a quello tra me ed un tutore.

Vecchio Bei è stato la prima persona occidentale con cui ho avuto un contatto stretto. Grazie a lui ho sperimentato tante novità.

Era il primo figlio di “capitalisti” con cui sono venuto in contatto. Suo padre era un architetto, la famiglia era benestante, aveva una bella casa all'EUR, per questo io consideravo la sua famiglia come “capitalista”. Vecchio Bei, tuttavia, non aveva la superbia che immaginavo propria dei “figli dei capitalisti”, era una persona mite, l'unico atteggiamento che io ritenevo un po' da “figlio di capitalisti” lo manifestava attraverso una qualche forma di pregiudizio verso le persone di Wenzhou; quando veniva da noi, non voleva mai salire per vedere il nostro padrone di casa, che proveniva da quella città. La tradizione familiare di un architetto lo faceva diventare la miglior guida turistica. Su una qualsiasi strada o casa del centro di Milano, Roma, Pisa, ti poteva raccontare di tutto, così da fartelo ricordare per l’intera vita.

è stato il primo utente di PC portatile che ho visto. Ormai ne ho già sfruttati e rotti tanti, ma non scordo mai la sensazione di novità quando ho visto il suo notebook. A quei tempi era una rarità anche in Italia, per questo è successo che suo figlio sia stato picchiato quando lo ha fatto cadere per terra. Questa sensazione di novità era anche una attestazione della differenza esistente a quel tempo tra la Cina e l’Italia. Prima di tutto era una differenza tra povertà e ricchezza. Il notebook a quel tempo era costoso, quindi il rapporto tra noi due era anche un rapporto tra un povero e un ricco. Allora, per andare all’estero, dovevamo ricevere delle somme concesse dallo Stato per comprare dei vestiti, al fine di mantenere un certo prestigio nazionale. Da lui non ho mai avvertito quei sentimenti di discriminazione tipici dei ricchi nei confronti dei poveri. Tuttavia, da quando le differenze tra i nostri due Paesi sono diventate sempre più piccole, a volte ho percepito dentro di sé un senso di amarezza. La seconda era una differenza di livello tecnologico. Nella Cina di allora non solo non c'era nessun notebook, ma ogni unità di lavoro aveva soltanto un PC generale a disposizione dell’Ufficio Finanziario, al fine di distribuire gli stipendi. Tale PC aveva un particolare privilegio: una propria stanza con tanto di aria condizionata e tappeto per terra. Quando, terminato il mio soggiorno nel 1997, sono tornato a Wuhan, la situazione era ancora così. In Italia, invece, sebbene non così diffusi come ora, i PC non erano comunque più oggetti privilegiati. Nell’ufficio che condividevo con Aldo Petrucci, c’era un PC riservato ai cinesi. Veniva da Taiwan, aveva un software per scrivere in cinese, chiamato 'Nanjixing', la sua memoria era piccola, ci si potevano scrivere non più di 40.000 parole, il testo in eccesso non non poteva essere inserito finché non si cancellava qualche altro documento in memoria.

Il Vecchio Bei è stato il primo dottore di ricerca in Giurisprudenza formato in un Paese occidentale che ho conosciuto; grazie a lui ho potuto così fatto paragonare la formazione di tali dottori e le conseguenze di ciò in Cina e Italia. Il dottorato di ricerca costituisce la base di partenza della carriera dei docenti nell’Università italiana. Ho, inoltre, potuto osservare la rigidità del sistema gerarchico e dei “rapporti di classe” nell'ambito delle Università italiane.

é stato il primo uomo che io abbia mai visto far uso del profumo, faceva così solo affinché le persone intorno ne traessero soddisfazione. Ciò mi ha consentito di comprendere, tra i tanti aspetti del “modo di vita occidentale”, quello apparentemente più suscettibile di essere oggetto di critica in Cina. In realtà, mentre i nostri connazionali pensano secondo lo schema “mi da fastidio il cattivo odore degli altri”, gli Occidentali, al contrario, si basano sul seguente ragionamento: “se il mio corpo dovesse emanare un cattivo odore, non voglio che ciò arrechi fastidio agli altri”.

La gomma da masticare, inventata in Occidente, forse è stata il prodotto di questa filosofia.

é stata la prima persona a cui ho visto sistemare lo spazio di lavoro con tanto ordine. Nessun oggetto, sulla sua scrivania, era estraneo al lavoro in corso di svolgimento. Lui gettava via qualsiasi cosa che doveva essere buttata, ed in genere non comprava tanti libri per il gusto di collezionarli, ma era abituato a usare quelli della biblioteca del Dipartimento. Anche se mi piacerebbe imitare queste sue abitudini, tuttora, la mia scrivania è sommersa dalle le cose più disparate, non riuscendo a disfarmi delle cose di minore utilità o di qualche eventuale utilità, al punto che spesso non trovo ciò che mi serve. Solo più recentemente sto comprendendo che, in effetti, collezionare alla fine è un po' come indaffararsi per il bene altrui, quindi anch'io sto cominciando a limitare l'acquisto di libri per la mia collezione privata.

E' stata la prima persona che ho visto spegnere la luce quando usciva dalla sua bella casa. Ho imparato questa sua abitudine ecologica, tanto che, nel bagno degli uomini del V piano dell'Istituto di Giurisprudenza, in cui lavoro, la luce non è più sempre accesa ed io, quando finisco di utilizzare il servizio, la spengo. I miei studenti e collaboratori hanno imparato da me ed ora fanno così anche loro. Anche l'abitudine di non gettare carta l'ho appresa quando sono stato invitato da “Vecchio Bei” a vistare l’Università di Pisa, dove ho visto ovunque contenitori sui quali era scritto: ‘salva la carta’. é stata la prima persona a cui ho visto usare le lenti a contatto, anche se adesso non le porta più

Ed altro ancora ....

A guardarmi indietro, l'immagine di Occidentale che lui mi ha trasmesso è molto positiva. Le sue capacità professionali (serio e meticoloso, non perdeva mai tempo, persino se andava in bagno tornava rapidissimamente al lavoro), la generosa predisposizione internazionalista (mi diceva di trattare gli stranieri meglio degli italiani: infatti, ha dato ad almeno due nostri connazionali, Zhang Lihong e Xue Jun, ed al messicano Yuri González Roldán, l'opportunità di andare a perfezionarsi nell’Università di Roma ‘Tor Vergata’ o in quella di Pisa, curandone la formazione e l’orientamento), ed una abilità accademica impressionante. Per queste ragioni la nostra amicizia ha potuto durare così a lungo. Amicizia, torno a sottolineare, tra un “povero” professore proveniente da un Paese in Via di Sviluppo, quale la Cina, ed un “ricco” collega di un Paese Membro del G7. Ciò a dispetto del noto detto cinese “un ricco, anche se abita in una montagna lontana, trova sempre parenti e amici; un povero, pur abitando in una città piena di gente, non trova nessuno che si prenda cura di lui!”, e nonostante non siano mancati tra noi contrasti o discussioni, come nei riguardi delle persone di Wenzhou, quando io insistevo che il signor Ye, il predetto padrone di casa, fosse un vero gentiluomo nonostante facesse il cuoco in un ristorante.

Un altro appellativo che avevo coniato per lui era stato quello di “Maestro Bei”, anche se lui non lo ha mai accettato, rifiutandolo con cortesia. Questo nome ha un duplice significato.

Il primo, in quanto trasmettitore di competenze professionali. Sotto tale profilo, il titolo è sincero. Innanzitutto, è stato il mio insegnante di italiano, dopo i primi giorni in cui facevo uso del mio traballante inglese ho iniziato ad impiegare l'italiano nella vita quotidiana; Lao Bei è stato la persona che più ha parlato italiano con me, al punto da crearmi una dipendenza linguistica da lui: se mi parlava lui, capivo tutto, invece un'altra persona, per esempio il Prof. Schipani, non riuscivo a capirla, o la capivo con difficoltà. Questa situazione perdura ancora oggi. Quando ho visitato l’Università di Pisa, nel maggio 2013, ho spiegato la storia ed il significato dei termini relativi alla Costituzione in una lezione agli studenti di Lao Bei. Durante il “question time” riuscivo a capire le domande degli studenti solo se mi erano ripetute dal Vecchio Bei. Anche le mie risposte erano comprese dagli ascoltatori solo dopo essere state ripetute da lui. Questa reciproca intesa linguistica è l’effetto di anni di stretta collaborazione. Per migliorare il mio italiano, mi aveva suggerito di scrivere un diario, di cui poi correggeva gli errori. Durante il mio studio a Roma, quando partecipai ad un convegno internazionale, Lao Bei corresse il testo del mio intervento. Perfino dopo essere tornato in Cina, ogni tanto l’ho pregato di rivedere i miei lavori in italiano. Il suo ausilio linguistico è stato una fortuna grazie alla quale ho potuto entrare ed integrarmi nella società e nel mondo accademico italiani. Altri studiosi cinesi giunti in Italia nello stesso mio periodo con una borsa di studio governativa non hanno potuto migliorare il proprio italiano perché nessuno se ne è preso cura. E ciò è un vero peccato.

Ovviamente, la nostra assidua frequentazione ha richiesto ad entrambi pazienza e comprensione, specie da parte di Lao Bei. Io, per esempio, prima di entrare nel nuovo millennio, appartenevo al popolo dei fumatori. Ormai ho disgusto per l'odore del fumo, ma ripensando al fumo acre che lasciavo sulle pareti dell'ufficio che condividevo con Petrucci, ed al fastidio che ciò poteva aver provocato in lui, non fumatore, devo riconoscergli un profondo spirito di sopportazione. Lui non si è mai lamentato per quel mio “hobby”, né ha mai protestato.

In secondo luogo, è stato il mio insegnante di latino. Per tradurre il Corpus Juris Civilis, era necessario padroneggiare tale lingua. Siccome non trovavo chi me la insegnasse, Petrucci si offerse di farlo. In una libreria vicino a casa sua comprò due manuali, uno di grammatica e l’altro degli esercizi. Quando finivo parte degli esercizi me li correggeva. Ricordo ancora una versione il cui argomento era un cinghiale. Quando ho raggiunto un livello adeguato di lingua latina, ho cominciato il lavoro di traduzione. Le mie traduzioni delle due raccolte di frammenti selezionati del Corpus Juris Civilis, del Digesto di Giustiniano, delle XII Tavole, e dei Topica di M.T. Cicerone sono state tutte verificate parola per parola da Lao Bei, naturalmente sempre con l'aiuto del nostro amico sinologo, Giuseppe Terracina. Petrucci non avrebbe mai potuto aiutare così tanto me e gli altri colleghi stranieri se non avesse avuto uno spirito internazionalista. Grazie a tali frutti, io ed altri colleghi cinesi, che hanno studiato in Italia, abbiamo potuto “scalare” le nostre carriere accademiche salendo su “pioli” sostenuti da Lao Bei e da Terracina. Per lungo tempo sulle pubblicazioni delle traduzioni non comparivano nemmeno i nomi dei due predetti amici italiani, solo più recentemente io e Xue Jun abbiamo preteso che i nomi dei revisori comparissero sulle copertine.

Quanto sopra riguarda solo un aspetto dello spirito di sacrificio di Petrucci. Un altro è quello della gratuità della sua partecipazione alle attività accademiche. Lui ha tenuto tante conferenze in Cina, ma, almeno in quelle organizzate da me, non ha mai preteso compensi. Né ha mai formulato richieste di gite turistiche, ma ha sempre accettato l'agenda da noi predisposta. Ciò anche se lui avesse molteplici esperienze di viaggi all'estero, che ogni tanto non disdegnava vantare (se, per esempio, dicevo di esser stato ad Istanbul, mi replicava di esserci già andato quattro volte). Il Vecchio Pei ha speso la sua vita per diffondere il diritto romano in Italia ed all'estero. Sovente mi domando in che misura la Cina, ed io stesso, contribuisca ad imbiancare i pochi capelli che crescono sulla sua testa liscia come un uovo.

Terzo, è stato il mio insegnante di storia del diritto romano. Mi ha fatto conoscere le più importanti opere in questo campo e mi ha consigliato quali di esse acquistare. Testi di cui tuttora faccio uso. Per quanto riguarda i libri di diritto romano, il suo principio era che noi li dovessimo ottenere gratuitamente, per questo ho avuto tutti i libri del suo Maestro, il Prof. Serrao, firmati dall’autore. Tuttora questi libri mi forniscono tanto aiuto per le mie ricerche accademiche. Una volta avevo comprato una grossa (e quindi molto cara) raccolta del Congresso organizzato da P. Catalano <Da Roma alla terza Roma:Documenti e studi. La nozione di “Romano”tra cittainanza e universalità>. Quando l’ha saputo si è arrabbiato molto, perché mi ha detto che avrei potuto averla gratuitamente dallo stesso professor Catalano.

Il secondo significato dell'appellativo di “Maestro Bei” deriva dal fatto che mi ha sempre aiutato nella vita quotidiana. Una persona proveniente da un Paese in Via di Sviluppo, che giunge in un Paese industrializzato, incontra spesso tanti problemi. La prima difficoltà è quella di trovare un alloggio adatto. Secondo quanto riferito da alcune colleghe cinesi che mi avevano preceduto nel soggiorno in Italia, nel primo periodo degli scambi giuridici tra i nostri due Paesi Lao Bei aveva risolto molte di queste difficoltà per i borsisti cinesi. Quando io sono venuto a Roma per la prima volta, il problema della casa l’ho superato con l’aiuto di amici, ma Lao Bei ha trovato la soluzione ad un altro grande mio disagio. Durante i due anni del mio primo soggiorno in Italia sono tornato una volta in Cina per visitare la mia famiglia. Per liberarmi dal rimorso nei confronti dei miei familiari, ho pensato di farli venire in Italia a fare un viaggio, ma in quel periodo era difficile per i nostri connazionali andare per turismo. Era necessario fornire garanzie economiche, inviti da parte di cittadini italiani, ecc. Per questo motivo io ero molto critico verso la politica italiana circa il rilascio dei visti, lamentando che in “questo diavolo di Paese” non ci fossero diritti umani, in quanto si impediva al coniuge ed ai figli di uno studente straniero di poter venire. Spinto dal suo patriottismo, Petrucci invitò mia moglie e mio figlio, assumendosi i fastidiosi oneri di molte procedure burocratiche. Mia moglie, inoltre, per il suo soggiorno in Italia aveva potuto dichiarare il proprio domicilio presso la sua abitazione, anche se, naturalmente, una volta giunta venne ad abitare da me. Così, anche il mio desiderio di riunirmi alla famiglia si è realizzato grazie al suo aiuto, e l'appellativo di “Maestro Bei” ha assunto un ulteriore significato.

Un'altra difficoltà nasceva dal divario dei prezzi tra Italia e Cina, che induceva spesso molti borsisti a portarsi le cose necessarie dal nostro Paese. Ebbene, Lao Bei, da vero amico dei cinesi, non si è sottratto a questo tipo di incarico, ma ha portato il bagaglio per alcuni miei colleghi di studio, pagando una volta, per sfortuna, anche un prezzo aggiuntivo per il peso eccedente.

Nel corso dello svolgimento delle attività sopra descritte, Lao Bei, da vecchio “virtuale” è divenuto vecchio reale, ma ha anche raggiunto l’apice professionale, allargando, altresì, l'ambito dei propri interessi. In base a quanto ho osservato, ci sono tre aree principali dove ha condotto i suoi studi: l’Europa e l’Italia, che sono i suoi ambienti naturali e che quindi tralascio, l’America Latina e la Cina. Tra gli ultimi due, anche se lui non me lo ha mai detto, ritengo che la Cina occupi il posto maggiore nel suo cuore. Questo giudizio si fonda sull’osservazione di due luoghi a lui legati. Il primo è il proprio studio nell’ufficio di suo padre, a Roma, nella zona dell'EUR. Qui lui tiene esposti numerosi ricordi e souvenir, quasi tutti relativi alla Cina: le foto con gli amici scattate nel corso dei suoi primi viaggi lì, i volumi delle traduzioni fatte in collaborazione con gli amici cinesi, le pubblicazioni di questi ultimi ricevute in regalo. Il secondo è il suo nuovo ufficio dell’Università di Pisa, in cui ha appeso gli attestati di conferenze tenute in Università estere o di partecipazione a Convegni internazionali. Siccome nel nostro Paese non c'è l'usanza di rilasciare tali documenti, quasi tutti quei certificati provengono dall’America Latina.Tuttavia, due fotografie scattate in Cina – una di esse è la foto di gruppo del ‘Primo seminario internazionale sui termini giuridici latini’, organizzato dall’Università di Xiamen – risultano collocate nella posizione più prominente.

Inoltre, il Vecchio Bei conserva alcuni importanti articoli sulla Cina di giornali italiani. Ad esempio, mi ha mostrato la notizia dell’approvazione della Legge sui Diritti Reali della Repubblica Popolare Cinese , il cui titolo era “La proprietà non è più un furto” (Corriere della Sera, 11 novembre 2004). Mentre i suoi connazionali non si preoccupano molto delle questioni cinesi, mi ha chiesto come avrebbe potuto evolvere l'accesa contesa sino-giapponese per le Isole Diaoyu. Io ho replicato chiedendogli cosa ne pensassero gli italiani. Mi ha risposto che, oltre alle persone alle quali, come lui, piace molto la Cina, chi mai è a conoscenza, o si interessa, di un piccolo Arcipelago del Mare Cinese Orientale? Nel sentire la sua risposta, come non apprezzare ancor più un amico quale il Vecchio Bei?

 

2. Le capacità accademiche di Lao Bei.

In un batter d’occhio, sono passati ventuno anni da quando il Vecchio Bei ha avviato i suoi rapporti con la Cina. Adesso è l’anno 2014. Il suo primo invito accademico nel nostro Paese risale al 1993. La prima volta a Pechino, poi a Wuhan ed in altre città cinesi. In un totale di diciassette soggiorni ha tenuto più di dieci conferenze, partecipato a quattro Congressi di diritto romano ed a numerosi altri seminari. A Roma, ha tenuto lezioni diritto romano per Magistrati della Procura della Repubblica Popolare Cinese e per giovani docenti cinesi, ha scritto la prefazione alle opere di traduzione degli studiosi cinesi. Da tutto ciò Petrucci ha prodotto per la Cina ventidue scritti. Come suo vecchio amico, ho pensato di dover raccogliere tali opere e pubblicarle in occasione dei venti anni della sua opera di diffusione del diritto romano in Cina. Quando ho proposto quest’idea agli altri amici cinesi, ho ottenuto l'adesione favorevole all'iniziativa di tutti i colleghi che hanno studiato in Italia. Xue Jun mi ha spedito tutte le opere di Petrucci da lui tradotte. Lo stesso hanno fatto Huang Feng, Jia Wanting e Xu Tieying. Io, poi, mi ritengo il suo traduttore principale dei suoi articli, dal momento che, tra tutti, sono quello che ne ha tradotti di più. Così abbiamo raccolto quasi tutte le opere del Vecchio Bei relative alle sue attività di collaborazione con la Cina. Quelle che mancavano sono state trascritte al computer, in base ai testi pubblicati nelle relative riviste, ad opera di Shi Zhilei, Liu Lu, Ye Hai e Tong Hang. Così abbiamo composto una raccolta di 243 pagine forse che rappresenta un nuovo volume commemorativo che segue quello presentato in Cina in occasione dei festeggiamenti del settantesimo compleanno del Prof. Sandro Schipani, svolti a Pechino e Xiamen nel maggio del 2010.

Questo nuovo volume ha un suo valore. Se consideriamo con un po' di attenzione la nostra storia accademica, scopriamo che Petrucci è stato il primo accademico ad aver trattato, in Cina, temi quali la Costituzione romana, il diritto commerciale, il diritto penale, il diritto bancario romani ed il diritto bizantino. Prima di lui, nessuno in Cina aveva mai chiarito il complesso concetto dello Status, nonché i diversi significati, antico e moderno, di Ius Civile. Poiché si tratta di contributi originali, le sue opere qui raccolte sono ampiamente citate in Cina, ed alcune sono state inserite nella raccolta “Selezione di testi scelti di diritto civile – parte generale” (“Minfa zongze lunwen jincui”, Zhongguo Fazhi Chubanshe, Pechino, 2004, pp.96-111).

Quando ho occasione di lavorare fianco a fianco con Petrucci, vorrei poterlo trasformare in una ‘spia accademica’ a favore della Cina, cioè in qualcuno tramite il quale potere acquisire quelle conoscenze di cui il nostro Paese manca. Per questo motivo l’ho invitato spesso a tenere conferenze, prima a Wuhan e poi a Xiamen. In genere, i temi sono stati sempre scelti da me e quasi tutti riguardano argomenti sconosciuti o poco noti in Cina, quale ad esempio il diritto bizantino. Lao Bei ha sempre portato a termine con successo gli incarichi affidatigli, contribuendo così ad incrementare le conoscenze del mondo giuridico cinese. In ragione di tale apporto, abbiamo deciso questa pubblicazione, anche nell'intento di diffondere maggiormente la conoscenza dei suoi scritti e la comprensione del suo contributo.

Le opere qui raccolte sono frutto del lavoro di molti traduttori, che ringrazio per avermene permesso l'inserimento in questo volume. Dopo averle riunite, le ho uniformate nella terminologia tecnica e le ho integrate con alcuni brani che erano stati precedente tralasciati. Inoltre, ho corretto alcune imprecisioni che ho scoperto, grazie alle maggiori conoscenze che ho acquisito nel tempo, specie per quanto riguarda le traduzioni da me precedentemente curate. Su alcuni dei testi ho condotto una nuova verifica con gli originali.

Oltre alle correzioni, ho inserito titoli esplicativi nei paragrafi che ne riassumono il contenuto.

Durante la fase dell’ “editing” ho riletto tutto il libro ed ho provato un senso di soddisfazione. Per un verso, perché il volume copre tutte le tematiche oggetto di ricerca del Vecchio Bei, che per tanti filoni di studio si colloca ai massimi livelli mondiali, come ad esempio per le ricerche sul diritto bancario romano e su alcuni spunti storici circa il diritto “di protezione dei consumatori” romani; per un altro verso, perché mi sono accorto che anche se avevo tradotto io stesso molti degli articoli, non li avevo compresi completamente. Quindi, riuscendo finalmente a capirli, è stato come fare nuove scoperte. Per esempio, in questo volume hanno trovato un chiarimento alcune difficoltà nella comprensione del termine “preposito” (praepositus). Oppure, durante recenti ricerche, avevo appreso che la garanzia autonoma del banchiere (receptum argentarii) era stata abolita da Giustiniano, ma ignoravo che questa transazione, con il nome di antifònesis, fosse risorta con Giustiniano stesso come una forma sostitutiva della precedente garanzia bancaria. Ciò è stato trattato in questa raccolta.

Confucio disse: “Produrre nuove conoscenze attraverso la rielaborazione di ciò che è noto”. Quanto è vero!

 

 

 

Scritto il 1 dicembre 2013 vicino al fortezza del Monte Huli

Riscritto il 3 maggio 2014

 

 

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