Nota

 

1.      Giustiniano ha previsto la composizione delle Istituzioni nel 530 d.C., quando ha creato la Commissione per comporre i Digesta (cfr. Costituzione Deo auctore, 11). Poi, nel 533, quando i Digesta stavano per essere terminati, ha creato una commissione ristretta per farle redigere.

 

       La Commissione ristretta, presieduta da Triboniano, e composta da Teofilo e Doroteo, ha lavorato rapidamente, e il 21 novembre dello stesso anno 533 le Istituzioni erano pronte_ e sono state promulgate con la Costituzione "Imperatoriam/La imperiale [maestà non solo deve acquisire dignità con le armi, ma deve essere anche armata con le leggi]" rivolta ai "giovani desiderosi di studiare diritto"_.

 

        L'Imperatore ha quindi disposto che le Istituzioni diventassero il libro di testo per il primo semestre degli studi di giurisprudenza, affinchè gli studenti non fossero affaticati all'inizio del corso di studi da eccessive difficoltà, ma potessero affrontarle in modo progressivo, e conoscere prima i fondamenti e i primi elementi di tutta la scienza del diritto, qui raccolti in quattro libri, per poi addentrarsi, nei semestri successivi fino al quarto anno, nello studio del Digesto, e infine, nel quinto anno, del Codice (J. 1,1,2 e Costituzione Omnem).

 

        Come si vede, la composizione delle Istituzioni si inserisce in un progetto che provvede congiuntamente alla codificazione del diritto e alla formazione dei giuristi: Giustiniano * infatti consapevole che i codici sono prodotti da giuristi, ed hanno bisogno di giuristi adeguatamente formati, che li sappiano interpretare e applicare. Di questo progetto, le Istituzioni sono la parte pi* esplicitamente didattica, anche se, alla pari delle altre parti, ad esse viene altres* data "la piena forza di legge" (Cost. Imperatoriam. 6).

 

2.      Le Istituzioni, come genere di opera giuridica, sono un prodotto che appare per la prima volta nel II secolo d.C., grazie al giurista Gaio_. Questi, per soddisfare le esigenze di introduzione allo studio del diritto romano connesse al crescente inserimento nella cittadinanza romana di popolazioni delle provincie, realizza un manuale che è il frutto dell'incontro fra: il metodo sistematico proprio dei giuristi, soprattutto a partire da Quinto Mucio (D. 1,2,2,41_); le tecniche che venivano proposte per una didattica introduttiva auspicate già da Cicerone sulla base di modelli greci (I sec. a. C._); le enucleazioni di regole compiuta dalla giurisprudenza tardo-repubblicana, arricchire e ordinate da Sabino (I sec. d.C.).

 

        Le Istituzioni di Giustiniano si avvalgono in primo luogo dell'opera di Gaio, e, sul modello di queste, del metodo di esposizione sistematico per ordinare la materia del diritto, del suo fine e delle sue fonti  (J.1,1-2), e farne cogliere l'insieme unitario e armonico, organizzato intorno ai concetti sistematici generali di persone (J.1), cose (J.2-4,5), azioni (J.4.6-fine). In esse, si offrono le definizioni e le principali regole relative agli istituti, senza approfondire la ragioni delle regole stesse, senza operare molte di quelle distinzioni che sono poi necessarie alla loro applicazione nelle complesse situazioni che la vita offre, e senza sviluppare il momento creativo del lavoro scientifico del giurista.

 

        A causa di questo fine didattico-introduttivo, le Istituzioni di Giustiniano sono state per secoli considerate una parte minore della codificazione di Giustiniano. Esse erano centrali nell'insegnamento, ma poi la maggiore articolazione e approfondimento dei problemi contenuta nel Digesto o nel Codice faceva s* che esse non fossero al centro della reinterpretazione scientifica dei giuristi dell'epoca dei Glossatori e dei Commentatori (secoli XII-XIV).

 

        Successivamente però la loro importanza aumentà per diversi motivi.

 

        L'enfasi posta sul diritto delle persone faceva emergere la ragione di fondo del sistema, e si incontrava con gli obbiettivi di una reinterpretazione di esso che la sviluppassero.

 

        Soprattutto, l'accentuato spirito sistematico dell'età moderna, a partire dal secolo XVII, trovava in esse una base più sviluppata che nelle altre parti del Corpus Iuris. Ed anche l'esigenza di brevità, che induceva a separare le regole dall'analisi delle ragioni di esse, e a comporre delle raccolte di sole definizioni e regole. La riformulazione sistematica e assiomatica del diritto costituiva la via che veniva percorsa per superare le precedenti reinterpretazioni e proporre delle interpretazioni nuove, che si ritenevano pi* idonee alle nuove esigenze, e nello stesso tempo il frutto di una pi* fedele comprensione dei principi del diritto romano.

 

        Nei secoli XVII-XVIII, le Istituzioni di Giustiniano vennero spesso riscritte secondo criteri di massima brevit* espositiva e completezza di contenuti, e divennero il modello di un genere di opera nel quale si riversavano contenuti normativi sempre pi* abbondanti, facendo loro perdere il carattere di 'primi elementi', per tendere ad essere delle trattazioni sistematiche ed esaustive_. In alcuni casi esse divennero il luogo in cui il diritto romano veniva confrontato con norme particolari dei diversi stati_. A volte invece esse costituivano la base per esporre e integrare il diritto dei diversi stati_. A volte esse offrivano la base anche per esporre un 'diritto naturale' frutto del razionalismo etico e giuridico applicati al diritto romano_. Per queste diverse vie, esse hanno preparato la codificazione moderna.

 

        Un esempio fondamentale per vedere come si * realizzato questo passaggio sono i Pandectae Iustiniani in novum ordinem digesta del grande giurista francese Pothier (1699-1772). Egli ha curato una riedizione del Digesto, di cui * particolarmente interessante il titolo 17 del libro 50: "Su diverse regole del diritto antico". Questo ultimo titolo dell'opera di Giustiniano, * importante, ma anche relativamente breve (211 frammenti) e senza un ordine sistematico. Ma Pothier lo sviluppa enormemente: in esso riunisce moltissime regole che raccoglie da tutto il Digesto, staccandole dai contesti specifici in cui sono inserite, e generalizzandole; egli poi le ordina secondo l'ordine sistematico delle Istituzioni di Giustiniano. Questo titolo * la vera base del Codice Napoleone. E con esso, dei numerosi codici che lo hanno imitato.

       

        L'ordine sistematico delle Istituzioni sta anche alla base dell'ordine sistematico elaborato dalla scienza giuridica brasiliana di A. Teixeira de Freitas e dalla Pandettistica tedesca fondata da Savigny, che pure ne rappresenta il pi* significativo superamento_.

 

3.      La Commissione che ha redatto le Istituzioni di Giustiniano ha utilizzato opere classiche, e prima di tutto le Istituzioni di Gaio_, ma, a differenza dal Digesto, nel testo non * indicata la provenienza di ogni frammento, e l'esposizione del diritto viene presentata come direttamente compiuta dall'Imperatore. Il testo delle Istituzioni di Gaio per* * stato anche scoperto nel 1816 in un manoscritto antico, pervenuto indipendentemente dal Corpus Iuris Civilis. Il grande parallelismo fra le due opere rende interessante fare un confronto di cui qui accenno ad alcuni punti, sottolineando che le differenze non sempre esprimono dei cambiamenti del diritto che viene spiegato, ma a volte solo diversit* di stile redazionale (cos*, ad es. le J. sono divise in libri e titoli, mentre Gai. solo in libri), o il desiderio di illustrare pi* estesamente altri profili degli istituti presentati.

 

3.1.        Una primo tema su cui richiamare l'attenzione * quello delle parti del diritto e delle fonti del diritto: J. 1-2; Gai. 1,1-7.

 

        Le J. (1,1 pr.-1; 3) aggiungono, rispetto al loro modello, le definizioni della giustizia e della giurisprudenza utilizzando un testo di Ulpiano (D.1,1,10). Aggiungono (1,1,4) la distinzione delle due prospettive da cui applicarsi al diritto: quella che riguarda le cose comuni e quella che riguarda l'utilit* dei singoli, anche in questo caso utilizzando Ulpiano (D. 1,1,1,2). Sempre sulla stessa base (D. 1,1,1,3-4; 4; 6), le J. 1,2 pr.-2 preferiscono una tripartizione: diritto naturale, delle genti, civile, alla bipartizione: diritto delle genti o naturale, e diritto civile (Gai. 1,1_). Una delle implicazioni pi* immediate della tripartizione * quella che essa consente di affermare che la servit* * contro il diritto naturale, pur essendo conforma al diritto delle genti (J. 1,2,2; 1,3,2), e cos* consente di sistemare entro il quadro di questa elaborazione concettuale un principio radicato nel diritto romano fin dalle origini, in base al quale gli uomini potevano, per fatti diversi, passare da uno stato all'altro, e nessuno era per natura servo, principio che aveva consentito l'integrazione nella cittadinanza romana anche di coloro che erano stati un tempo nemici_.

 

        Le J. 1,2,4-8 seguono la stessa sequenza di Gai. 1,3-7 per indicare le fonti del diritto civile. Esse confermano il primato della legge, espressione della potest* del popolo; da essa sono derivati i plebisciti, i senatoconsulti, le costituzioni dell'imperatore. * qui possibile notare: che in Gai. 1,4 si ricordano dubbi relativi ai senatoconsulti, dubbi che sono eliminati in J. 1,2,5; che la presentazione giustinianea delle Costituzioni imperiali utilizza un pi* analitico testo di Ulpiano (D. 1,4,1), e che nelle Istituzioni la lex de imperio * ricordata come una atto avvenuto nel passato, mentre in Gai. e in Ulpiano il riferimento * ad un atto attuale al loro tempo. Dopo, e a integrazione del principio per cui il popolo in collaborazione con un magistrato, eletto dal popolo stesso, statuisce le norme legali che lo vincolano, vi * l'esame del diritto posto dal magistrato, sempre eletto dal popolo, nell'esercizio della sua giurisdizione (J. 1,2,7); in Gai. 1,6, l'esame degli editti dei magistrati * pi* analitico in relazione al diverso ordinamento delle provincie.  Infine, quasi espressione di un principio opposto, l'autorevolezza, vengono indicati come fonte del diritto i pareri dei giuristi; per essi, le J. registrano il superamento del rescritto dell'imperatore Adriano (secolo I d.C.), e confermano il valore produttivo di diritto di essi.

 

        La differenza certamente pi* evidente * l'inserimento della divisione fra diritto scritto e diritto non scritto (J. 1,2,3), compiuto sulla base di un testo di Ulpiano (D. 1,1,6,1); questa divisione consente di inquadrare il richiamo della consuetudine in J. 1,2,9, che non era stato fatto da Gaio, il quale pure ha presente il valore di essa produttivo di diritto (Gai. 1,1). In J. 1,2,9, la consuetudine *, per altro, assimilata alla legge, sulla linea del pensiero classico di Giuliano (D. 1,3,32), anche se con una variante: dove il giurista classico indica la volont* del popolo, il testo giustinianeo fa riferimento al "consenso degli utenti".

 

        Nonostante queste differenze, il valore dogmatico del sistema delle fonti risulta costante. Esso si * prodotto in un arco di tempo lungo per poi fissarsi nelle sue forme e nei principi che ad esso sottostanno ed ha plasmato il sistema nei suoi successivi sviluppi, di cui lo statual-legalismo attuale * una deformazione unilaterale.

 

3.2.        Un secondo argomento di grande rilievo * certamente quello della eliminazione nelle J. della trattazione della condizione degli stranieri, che invece in Gai. * abbastanza estesa, ed includeva anche quella particolare categoria che erano i Latini.

 

        La considerazione degli stranieri e quella dei latini erano assai importanti all'epoca di Gaio, e ad esse si collegava la problematica della cittadinanza dei figli di matrimoni misti, e dell'acquisto della cittadinanza romana da parte degli stranieri stessi. La Costituzione dell'Imperatore Caracalla concede la cittadinanza a tutti gli abitanti dell'Impero (212 d.C.) ed * un passo fondamentale di quella concezione per cui il diritto romano * aperto a tutti gli uomini, che implica che nessuno * straniero. Qui * il germe ideale del superamento della guerra e della schiavit*, che non * conforme al diritto naturale per il quale tutti gli uomini nascono liberi, e che * stata introdotta a seguito delle guerre e della prigionia di guerra (J. 1,2,2; 1,3,2-3). Qui * anche il fondamento della cancellazione di quella particolare condizione che * la latinit* (J. 1,5,3).

 

3.3.        Sempre nel libro primo, un altro tema da indicare * quello della manus nei confronti delle mogli, degli antichi riti matrimoniali, e del mancipium nei confronti delle persone libere (Gai. 1,108 ss. e 1,116 ss.), entrambe situazioni superate, rispetto alla trattazione delle quali Giustiniano preferisce approfondire solo quella relativa alla potest* (J. 1,8 ss.). Viene cos* compiuto anche in questo ambito famigliare, come in quello della citt* sopra menzionato, un passo importante della unificazione della considerazione giuridica di base di tutti gli uomini, con l'eliminazione di alcune divisioni relative ad essi.

 

3.4.        Ancora: in materia di tutela e cura, oltre alle numerose modifiche normative, come quelle relative alla tutela delle donne (Gai. 190 ss.), pu* essere sottolineata l'estensione della trattazione dell'argomento all'esame dei profili sanzionatori: J. 1,16. Possiamo ritenere che ci* si ponga sulla linea di quella trasformazione di questi istituti dall'essere delle espressioni della potest*, ad essere delle espressioni di un dovere e di un incarico, per non doversi accollare il quale si prevedono anche delle cause di giustificazione (J. 1,15).

 

3.5.        Anche in materia di divisione delle cose, troviamo che le Istituzioni di Giustiniano a volte preferiscono l'impostazione elaborata da altri giuristi, posteriori a Gaio, che risulta fondata su una tripartizione pi* analitica: le cose che sono al di fuori del nostro patrimonio per diritto umano sono o comuni a tutti, o pubbliche, o delle collettivit* (J. 2,1,1 ss.; cfr. Marciano in D.1,8, e 4; * qui interessante la sottocategoria, elaborata dallo stesso Gaio in opera pi* approfondita, delle cose di uso pubblico: J. 2,1,4: D. 1,8,5 pr.) mentre Gai. in questo ambito individua solo le cose pubbliche (Gai. 2,11).

 

        Le J. sviluppano poi, in relazione alle cose che sono nel nostro patrimonio, l'esame dei modi di acquisto della propriet*, cominciando da quelli di diritto delle genti ed esaminando anche quelli relativi al possessore di cosa altrui, e all'usufruttuario (J. 2,1,11 ss.); dedicando alla usucapione, che * di diritto civile, il titolo J. 2,6. Gai. invece, dopo aver introdotto la distinzione fra cose corporali e incorporali (Gai. 2,12), esamina i modi di acquisto introducendo anche la divisione fra cose mancipi e nec mancipi, e quindi svolge l'esame di  mancipatio, iure cessio e traditio (Gai. 2,14a ss.), propri del diritto civile i primi due (Gai. 2,22), del diritto delle genti il terzo. Ai primi affianca l'usucapione (Gai. 2,43 ss.), al terzo, gli altri modi di acquisto fondati sulla ragione naturale (Gai. 2,65 ss.). Incidentalmente, in relazione al modo di acquisto, tratta dei diversi tipi di propriet* (Gai. 2,40 ss.). La divisione fra cose mancipi e nec mancipi, e i modi di acquisto necessari per le prime erano caduti in disuso e vengono definitivamente aboliti da Giustiniano.

 

3.5.        Nelle J., troviamo svolto un esame organico di servit*, usufrutto, uso, abitazione, opere dei servi (J. 2,3-5) mentre di questi ultimi solo cenni in Gai. 2,14; 2,30 forse a causa di una non completa maturazione della risistemazione di questa materia.

 

3.7.        La donazione era nel diritto classico una causa di un negozio, ma non un negozio di per s*, quale invece troviamo nelle J. 2,7, a seguito di una elaborazione costruttiva.

 

3.8.        La materia della successione ereditaria costituisce un complesso che si estende per circa un terzo delle J. Essa viene poi modificata dallo stesso Giustiniano, soprattutto con le Novelle costituzioni 18,1; 115,3 e 4 che modificano sostanzialmente J. 2,18 sul testamento invalido per lesione di legittima, e con le Novelle 118, 1-4 e 127 pr.-1 che modificano J. 3,9 sulla possessio bonorum. Rispetto a Gai. le differenze normative sono notevoli, e cos* pure * da tenere presente la maggiore estensione della trattazione. 

 

        Ad es., il semplice confronto meccanico ci fa constatare le seguenti coincidenze di materia: sul testamento e i testi: J.2,10; Gai. 2,101-108 e 119; sul particolare testamento dei militari: J. 2,11; Gai. 2,109-111; su coloro che non possono fare testamento: J.2,12; Gai. 2,111-114; sulla diseredazione dei figli: J. 2,13; Gai. 2,123-143; sulla istituzione di erede: J.3,14; Gai. 2,185-190; sulla sostituzione volgare: J. 2,15; Gai. 2,174-178; sulla sostituzione pupillare: J. 2,16; Gai. 2, 179-184; sulla inefficacia sopravvenuta del testamento: J. 2,17; Gai. 2,138-151; per cui, in questa sezione, solo il titolo sul testamento inofficioso (J. 2,18) non ha corrispondenza in Gai.

 

3.9.        La grande materia delle obbligazioni vede alcune novit* di ordine espositivo che suscitano particolare attenzione: ad esempio J. 3,13,1 indica la partizione fra obbligazioni civili e pretorie, e con ci* stesso precisa che entrambe fanno parte dell'unico concetto generale sistematico di obbligazione (J. 3,13 pr.), mentre Gai. si dedica principalmente alle obbligazioni del diritto civile. 

 

        J. 3,13,2 pone poi la famosa quadripartizione delle fonti delle obbligazioni: contratto, come da contratto, delitto, come da delitto, che sostituisce la bipartizione di Gai. 3,89_. Immutata resta la quadripartizione seguente delle obbligazioni da contratto (J. 3,13,2; Gai. 3,89), anche se poi le fonti delle obbligazioni concluse in forma solenne scritta in J. 3,21 sono elaborate in modo artificioso (cfr. invece Gai. 3,128 ss.). Se * da notare in J. il pi* esteso elenco dei contratti reali, che comprende non solo il mutuo, ma anche il commodato, il deposito e il pegno (J.3,14 e Gai. 3,90-91), * almeno altrettanto rilevante l'introduzione della trattazione delle obbligazioni che si contraggono come da contratto, per gestione degli affari, tutela, comunione, legato, pagamento dell'indebito (J. 3,17), e come da delitto (J.4,5). Non * qui la sede in cui richiamare le vicende della elaborazione dogmatica che si riflette in queste differenze, passando attraverso la famosa tripartizione dello stesso Gaio in D. 44,7,1 pr., e le risistemazioni di Ulpiano (cfr. soprattutto D. 2,14,7). Neppure * possibile anche solo indicare i problemi sottostanti alla distinzione fra delitti e cosiddetti quasidelitti, e la tensione fra i primi e le ipotesi di responsabilit* anche senza colpa che sono presenti nell'ambito dei secondi.

 

3.10.   Il processo * mutato profondamente: scompare la storia del processo delle legis actiones scritta in Gai. 4,1-30 e la sottile e puntuale esposizione delle formule (Gai. 4,30-74), ma di esse rimane molta traccia nei concetti, e nelle distinzioni delle azioni in J. 4,6. Ma la trattazione di J. 4,6 ss. non * propriamente una trattazione di diritto processuale, ed * piuttosto ancora legata alla eredit* del diritto classico, dell'epoca di Gaio, in cui il pretore, magistrato eletto, non decideva le controversie, ma indicava le regole secondo cui deciderle, attraverso la concessione di idonei strumenti processuali. E di questi mezzi processuali trattano le J.: azioni, eccezioni, interdetti, restituzioni.

 

        Novit* di impostazione * certo il titolo finale (J. 4,18) della parte, dedicato ai giudizi pubblici.

 

3.11.   Il confronto fra le Istituzioni di Gaio e quelle di Giustiniano, di cui ho dato degli esempi in modo assai sintetico, * un lavoro scientifico che * stato svolto e pu* ancora essere svolto con utilit*, e da diversi punti di vista.

 

        Da un lato, il fatto che il testo delle Istituzioni di Gaio, dopo essere stato nascosto per secoli, sia pervenuto a noi per una via diversa da quella del Corpus Iuris Civilis d* allo storico del diritto uno strumento privilegiato per ricostruire il diritto dell'et* di Gaio, nelle sue differenze da quello di Giustiniano.

 

        D'altro lato, le Istituzioni di Giustiniano, nel Corpus Iuris Civilis, sono state, e sono alla base dei grandi confronti storici che il diritto romano ha realizzato con le istituzioni giuridiche medioevali prima, con il razionalismo poi, con gli altri grandi sistemi giuridici contemporanei ora. Esse vanno comprese nella loro pienezza, e le Istituzioni di Gaio possono servire per capirle meglio.

 

        Il Corpus Iuris Civilis non * maturato in un laboratorio, bens* con il contributo di molti uomini, in tempi e spazi diversi. E i concetti, principi, istituti e norme in esso presentati racchiudono, e quasi condensano la vicenda della loro formazione dal principio, e per approfondirne la comprensione e poterli liberamente e fedelmente sviluppare con tutte le loro possibilit*, quelle accolte e quelle rimaste solo virtuali, per le esigenze di oggi e di domani, di cui si deve occupare il giurista, * fondamentale riafferrarli dal principio. Cos* raccomanda Gaio in D. 1,2,1, frammento tratto dal suo commento alle leggi delle XII Tavole, gi* per lui assai remote, ma delle quali ritiene fondamentale rinnovare l'analisi perch* il 'principio' * parte che sorregge le altre e le informa. E il principio delle Istituzioni di Giustiniano sta, in buona parte, in quelle di Gaio! ma non solo in esse_. Il dialogo fra i testi va preso in esame con attenzione, ricerca di approfondimento, ma senza fare, come dice Gaio nel citato frammento, "commentari verbosi", bens* per capire le diverse prospettive dogmatiche, le loro implicazioni normative, il loro superarsi o completarsi, i loro sviluppi.

 

4.      Delle Istituzioni di Giustiniano sono pervenuti manoscritti parziali dei secoli X e XI, e poi molti posteriori, con la ripresa dello studio dei codici di Giustiniano nell'Universit* di Bologna nel secolo XII. La prima edizione a stampa * del 1468, a Mainz in Germania. Anche se la lingua scientifica in generale, e dello studio del diritto in particolare * stata il latino fino all'inizio del 1800, numerose sono state le traduzioni delle Istituzioni: del sec.XVI la prima traduzione in tedesco: Murner, 1519, a cui seguirono altre numerosissime; senza considerare quelle in tedesco, del 1547 * la prima in olandese; del 1551 in spagnolo; del 1552 in italiano; del 1749 in inglese; ecc.

 

        La traduzione in cinese, che viene ora pubblicata, * stata realizzata direttamente dal latino dal professor Xu Guodong presso l'Universit* di Scienze Politiche e Giurisprudenza del Centro Sud di Wuhan, nel quadro della collaborazione patrocinata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche presso la cattedra di Diritto romano della II Universit* di Roma 'Tor Vergata', con riferimento anche all'accordo dell'Universit* della Cina di Scienze Politiche e Giurisprudenza di Pechino con il Gruppo di ricerca sulla diffusione del diritto romano. La traduzione è stata discussa per una revisione in un gruppo di lavoro integrato dal professor Aldo Petrucci, dell'Università di Pisa, dal dr. Giuseppe Terracina, e dallo stesso professor Xu Guodong. La pubblicazione viene realizzata con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche e del Ministero dell'Università e Ricerca scientifica.

 

 

Roma, 8 dicembre 1999                              Sandro Schipani

 

 

 

_ Il ministro Triboniano era stato membro della Commissione per il Codice; fu ideatore del Digesto e principale realizzatore di tale opera; presiedette poi la Commissione per la seconda edizione del Codice stesso. Teofilo, professore nell'Universit* di Costantinopoli, aveva fatto gi* parte della Commissione per la redazione del Codice, faceva parte anche della Commissione per il Digesto, presiedendo forse una delle sottocommissioni; realizz* anche opere significative per l'insegnamento, fra cui una Parafrasi in lingua greca delle Istituzioni. Doroteo, professore nella antica e famosa Universit* di Berito (Beyrut), faceva anche lui parte altres* della Commissione del Digesto, e fece parte della Commissione per la seconda edizione del Codice. Vi sono molti segni stilistici che fanno ritenere che il lavoro sia stato diviso fra i due professori, assegnando a ciascuno due libri; il confronto con la Parafrasi greca permette poi di ipotizzare con fondamento che i primi due libri siano stati composti da Doroteo, e il terzo e quarto da Teofilo.

_ Cfr. il mio Prologo a  Corporis Iuris Civilis fragmenta selecta, I,1, Pechino, 1992.19.

_ Cfr. la mia breve nota alla traduzione in cinese delle Istituzioni di Gaio, curata dal dr. Huang F., Pechino, 1996.

_ Cfr. Corporis Iuris Civilis fragmenta selecta, I,1, Pechino, 1992.

_ Cfr. Cicerone, De Oratore, 1,42,187; Cicerone, De legibus, 2,18,46 ss., trad. cinese a cura di Wang H., Pechino, 1997.

_ Cfr. ad es. Peretius, Institutiones Imperiales, Lovanio, 4 ed., 1634; Vinnius, Commentarius locupletissimus in IV libros Institutionum Imperialium, 1642; J. G. Heineccius, Elementa iuris civilis secundum ordinem Institutionum, 1725. 

_ Cfr. ad es. G.A. Struve, Iurisprudentia Romano-Germanica Forensis, Jena, 1670; G. Sala, Institutiones Romano-Hispanae, Valencia, 1795.

_ Cfr. ad es. J. G. Heineccius, Elementa iuris Germanici, Halle, 1735-1737; J. Asso y M. de Manuel, Instituciones del derecho civil de Castilla, Madrid, 1771

_ J. G. Heineccius, Elementa Iuris Naturae et gentium, Halle, 1737.

_ Cfr. Mia nota in  Corporis Iuris Civilis fragmenta selecta, I,1, Pechino, 1992, 6 ss.

_ Oltre alle Istituzioni di Gaio, sono state utilizzate, come testi materialmente presenti nelle mani dei due grandi giuristi, le "Cose quotidiane" dello stesso Gaio, e le opere istituzionali di Paolo, Ulpiano, Fiorentino e Marciano; naturalmente Doroteo e Teofilo avevano anche presenti moltissime altre opere, che avevano utilizzato per i Digesta, e dal ricordo delle quali possono aver tratto ispirazione, terminologia e regole.

_ Per Gaio, la naturalis ratio fonda il diritto delle genti, e questo non * distinto dal diritto naturale: es. Gai. 2.65 ss. 

_ Nella ricerca delle cause della straordinaria espansione di Roma, lo storico greco Dionigi di Alicarnasso, nel I sec. a.C., indica il fatto che, per il diritto romano, fin anche ogni schiavo poteva diventare un cittadino romano: Dion. Alic. 1,9,3 ("i Romani operarono per divenire col tempo  il popolo pi* grande [...] concedendo asilo presso di loro con liberalit* a chi ne avesse bisogno, concedendo la cittadinanza a coloro di cui si erano impadroniti in cambio del comportamento valoroso dimostrato in guerra, e dando il diritto di cittadinanza agli schiavi manomessi, senza disprezzare nessuno"; v anche  4,22,4-24.

_ Cfr. S. Schipani, Osservazioni sulla sistematica delle fonti delle obbligazioni e la categoria del contratto, in Faxue Yicong, 4, 1992, 16 ss.

_  Se si volesse continuare come ho fatto per la parti del diritto e per le fonti, si dovrebbero indicare, per tutti i paragrafi, le possibili fonti esterne a Gai., e poi analizzarle: ad es. J. 1,3 pr.= Gai. 1,9; J. 1,3,1-3 = Fiorentino D.1,5,4 pr.-3; J.1,3,4 con differenze, ma da confrontare con Marciano D. 1,5,5,1 e pr.; J. 1,3,5=Gai. 1,10, ma da confrontare anche con Ulpiano D. 1,1,4.

J. 1,4 pr.-1 da confrontare con Marciano D. 1,5,5,2-3

J. 1,5 pr.= Gai. 1,11+Ulpiano D.1,1,4; J.1,5,2 = Gai. 1,20 in fine; gli altri non hanno corrispondenze testuali, ma cfr. Gai. 1,17.

J. 1,6 pr.= Gai.1,36-37; J. 1,6,3=Gaio D. 40,9,10; J.1,6,4=Gai. 1,38; J.1,6,5=Gai.1,19 e 39; J.1,6,7= Gai.1,40; gli altri non hanno corrispondenze testuali, ma per J.1,6,3 cfr. Giustiniano C. 6,27,5,1-1b; 6,27,6; per J. 1,6,6 cfr. Marciano D.40,2,9,1.

J. 1,7= Gai. 1,42

J. 1,8 pr.2=Gai, 1,48-53; per il par. 2, cfr. anche Ulpiano, D. 1,6,2.

J. 1,9 pr.= Gai. 1,55; J.1,9,2= Gai. 1,55; J.1,9,3= Ulpiano D. 1,6,4 in fine; gli altri non hanno corrispondenze testuali, ma per J. 1,9,2 cfr. Modestino D. 23,2,1

J. 1,10,1= Gai. 1,58-59; J. 1,10,2=Gai. 1,60-61; J. 1,10,12= Gai. 1,64; J.1,10,13= Gai. 1,65; gli altri par. non hanno corrispondenze testuali; per la costituzione richiamata nel pr. cfr. C. 5,4,25; per J. 1,10,3 cfr. il differente Gai. 1,62; per J. 1,10,5-7 cfr. Gai.1,63; il parere di Giuliano ricordato in J. 1,10,9 * riferito da Ulpiano in D. 23,2,12,3, testo che sembra tenuto presente; per il par. J. 1,10,10, cfr. Paolo D. 23,2,14,2-3; per il rinvio di cui al par. J. 1,10,11, cfr. D. 23,2,57; D. 23,2,59; D. 30,128; D. 48,5,7.

Eccetera. Cfr. in generale la traduzione in lingua italiana delle Istituzioni di Giustiniano fatta da E. Nardi, Istituzioni di diritto romano. Testi, 2, Milano, 1986, 205 ss., e il fondamentale studio di lo studio di C. Ferrini.